Soft skills per lavorare nel non profit: l’intelligenza emotiva

Consapevolezza, così potremmo riassumere il concetto di intelligenza emotiva: consapevolezza di sé, consapevolezza sociale e delle relazioni. Ma se volessimo dare una definizione più dettagliata, potemmo descriverla come:

la capacità di riconoscere se stessi e gli altri, imparando a conoscere i propri meccanismi di funzionamento e quelli altrui, al fine di agire in modo efficace e coerente con i propri obiettivi e quelli dell’ambiente che ci circonda.

Insomma, come potete capire, si tratta una potentissima freccia al vostro arco, se volete lavorare nel non profit.

Cerchiamo di spiegarci meglio.

 

Cos’è l’intelligenza emotiva

Molti reclutatori del terzo settore sono attenti a questa particolare qualità. E se riuscite a dimostrare di possederla potete posizionarvi in vantaggio rispetto ad altri candidati. Ma cosa determina esattamente l’intelligenza emotiva?

  1. Consapevolezza di sé: capacità di comprendere il vostro stato emotivo, i vostri punti di forza e i vostri punti di debolezza. Insomma, conoscere il più possibile le nostre caratteristiche e i vostri stati d’animo, al fine di massimizzare al meglio il vostro operato.
  2. Consapevolezza sociale: capacità di comprendere umori, emozioni e capacità di coloro che ci circondano e utilizzare tali informazioni nel modo più appropriato possibile.
  3. Gestione delle relazioni: unire la consapevolezza di sé e quella sociale, per creare interazione, comunicazione, fiducia e rispetto.

Come affinare la vostra intelligenza emotiva

Come in altre soft skills, Madre Natura può essere un fattore: qualcuno è più predisposto di altri. Ma senza il lavoro e la costante formazione, non si ottengono risultati. E, allo stesso tempo, chi parte leggermente svantaggiato può sempre migliorare.

Quindi, in che modo, potete affilare la lama della vostra intelligenza emotiva?

  • Allenate la pazienza. Ogni cosa ha i suoi tempi e accelerare non serve a nulla. Organizzate i vostri pensieri in modo da non dover avere molte preoccupazioni contemporaneamente. Abbandonate la fretta e ascoltate sempre i vostri interlocutori, senza interromperli. Sì, anche quelli logorroici.
  • Organizzate gli stati d’animo. In particolare quelli negativi. Se vi sentite arrabbiati o delusi da un vostro collega, cercate di razionalizzarne il motivo. Dipende da un episodio preciso? Oppure dal tuo umore nell’ultimo periodo?
  • Interagite. Il mondo del lavoro è fatto di relazioni e soprattutto quello del non profit. Parlate e ascoltate tutte le persone con cui avete a che fare. E, soprattutto, siate in grado di riconoscere che siamo tutti diversi e ogni interazione deve essere adatta al contesto.
  • Abbandonate l’istinto. Di fronte a un ostacolo, la prima reazione può non essere quella giusta. Qui si gioca la differenza tra la reazione e la risposta. La prima è inconscia, mentre la seconda è più razionale e pensata. Cercate di rispondere il più possibile e non abbandonatevi alle reazioni.
  • Responsabilità, nel bene e nel male. Essere consapevoli di quello che siamo e di ciò che ci circonda, significa anche essere in grado di dare coerenza alle nostre scelte. Per creare un ambiente positivo, dovete mettervi in gioco e assumervi le vostre responsabilità, anche di fronte ai fallimenti: scelte sbagliate e litigi evitabili, ad esempio. Non solo dimostrerete di conoscere voi stessi e il vostro lavoro, ma ammettere è sinonimo di maturità.

In conclusione, l’intelligenza emotiva non si impara dai libri, ma dall’esperienza. L’unico metodo realmente efficace è schiudere il guscio e gettarsi nel mondo delle relazioni. Imparate il più possibile da chi vi circonda e assimilate tutto ciò che potete dall’ambiente. Non date nulla per scontato: nelle relazioni non c’è niente di banale.

 

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